Il gesto liberatorio

di Elena Zaccarelli

Le ultime nature morte di Vitali già lo dicevano.
Gli oggetti erano ormai una scusa, ed il vero soggetto era la parete: ciò che l'artista ora ha davanti agli occhi si fonde con ciò che lo circonda e lo racchiude, lasciando che gli sfondi diventino l'essenza della rappresentazione stessa.
Si riconoscono i vecchi muri che facevano da contorno alle nature morte di un tempo e da supporto ai manifesti strappati, si intravedono le ombre delle composizioni “musicali” che Vitali dipingeva sulla tela con precisione e puntualità. Si riconoscono e allo stesso tempo non si riconoscono più, avvolte in un gioco di colore, che sembra avere inglobato le singole sfumature per crearne una inafferrabile.
La bidimensionalità scompare con gli ultimi frammenti di fogli e manifesti attaccati alle pareti, viene inghiottita dalla tela, e l'unico spessore diventa il colore stesso, impastato a volte con sabbia e spatolato con forza sulla iuta grezza, infine graffiato, quasi con un gesto di liberazione nei confronti di un'arte che ormai non aveva più nulla da raccontare, cristallizzata in una perfezione che però non riusciva a farsi interprete delle emozioni, degli struggimenti, della rabbia dell’artista. Le figure non possono più ritornare, in questi lavori, e se lo fanno vengono deformate, rese imperfette affinchè nulla le ricolleghi ad una stagione artistica ormai conclusa.
Nelle tele di Vitali non c'è nulla, ma si vede sempre qualcosa: un ricordo, una suggestione, un richiamo a qualche oggetto che c'era ma ora si è dissolto nella pura divagazione mentale.